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 Il cambiamento demografico  - Prefazione del card. Ruini 

Prefazione del card. Ruini   versione testuale








       A due anni di distanza da quello sull’educazione, il Comitato per il progetto culturale della CEI pubblica, con l’editrice Laterza, un secondo Rapporto-proposta, dedicato alla demografia in Italia. E’ ben noto l’impegno della Chiesa a favore della vita umana e della famiglia, ma forse è meno conosciuta la sua attenzione ai problemi demografici, sebbene già nel 1985, quando la diminuzione delle nascite non suscitava ancora alcun interesse o preoccupazione nelle istituzioni e nell’opinione pubblica, i vescovi dell’Emilia Romagna avessero pubblicato un documento, dal titolo Una Chiesa che guarda al futuro, nel quale denunciavano l’andamento demografico gravemente negativo di quella regione. Da allora fino ad oggi la Chiesa italiana non ha smesso di insistere su queste problematiche. Un esempio recente sono le parole del Presidente Card. Bagnasco all’assemblea della CEI del maggio 2010: “l’Italia sta andando verso un lento suicidio demografico”.
         In realtà, la decisione di pubblicare una serie di Rapporti-proposte riguardanti l’Italia nasce dalla sollecitudine per i grandi problemi umani che emergono nel nostro tempo e che toccano più da vicino un paese come il nostro. I cambiamenti demografici, come le difficoltà dell’educazione, rientrano certamente in questa categoria. Una differenza evidente tra questi due generi di questioni risiede nel fatto che la demografia consente, in misura ben maggiore delle scienze dell’educazione, un approccio quantitativo e dispone di dati affidabili, sulla base dei quali è possibile prevedere, se non le situazioni future nella loro concretezza, almeno alcune conseguenze di quanto si è già verificato, o potrà ulteriormente verificarsi. Questa diversità non sopprime però una parentela profonda: i fenomeni demografici, come quelli educativi, hanno un grandissimo spessore umano e chiamano in causa ciò di cui è fatta la vita sia delle persone e delle famiglie sia dei popoli e delle loro istituzioni e rappresentanze.
         Proprio a questo livello si colloca l’interesse maggiore del presente Rapporto-proposta. I dati numerici e quantitativi sono analizzati e soppesati con cura, ma l’attenzione si concentra soprattutto sulle motivazioni e implicazioni antropologiche e socio-culturali, oltre che economiche, dei cambiamenti demografici. L’impegno costante è stato tenere insieme e ricondurre a sintesi evidenze statistiche e riflessione antropologica, così da far emergere l’unità della vita, personale e sociale, che sta alla base di entrambe.
         Questo Rapporto-proposta, breve ed essenziale rispetto all’ampiezza delle questioni affrontate, si segnala pertanto per la sua completezza. Nessuno dei fattori maggiormente incidenti sull’andamento demografico, come nessuna delle conseguenze che ne possono derivare, è stato intenzionalmente trascurato, così come nessuno di essi è stato passato sotto silenzio a motivo di preclusioni ideologiche. Vengono quindi presi in attento esame, da un lato, la diminuzione delle nascite e i mutamenti delle strutture familiari, la sconfitta della mortalità precoce e l’invecchiamento della popolazione, le conseguenze demografiche dell’aborto, il ritardo nel passaggio all’età adulta, la disoccupazione giovanile e le difficoltà delle giovani famiglie e di quelle numerose, in particolare la fatica delle donne nel conciliare cura dei figli e lavoro; dall’altro lato si affronta il tema del rapido aumento dell’immigrazione, con la sua incidenza ma anche con i suoi limiti nel contrastare il declino demografico dell’Italia, oltre ad altre particolari problematiche. Specifica attenzione è dedicata alla distribuzione geografica dei vari fenomeni, in un paese articolato come l’Italia.
         Per ciascuno di questi sviluppi l’analisi quantitativa è accompagnata dall’indagine sulle motivazioni, sia socio-economiche sia culturali e “simboliche”: ad esempio, alcune pagine sono dedicate alla “cultura della nascita”, com’è veicolata dai mass media.  Numerosi “box” sono inseriti nel testo per consentire, con un approccio meno tecnico, brevi approfondimenti ed esemplificazioni. Una preoccupazione spesso ricorrente è anche quella di “situare” l’andamento demografico dell’Italia, le sue motivazioni e possibili correzioni, nel più ampio quadro europeo e internazionale, evidenziando analogie e divergenze che consentano valutazioni più precise e significative.
         In maniera più netta rispetto a quanto è avvenuto nell’indagine precedente dedicata all’educazione, in questa i due aspetti del “rapporto” e della “proposta” sono distinti anche quanto alla loro collocazione, perché le prime due parti del libro hanno prevalentemente il carattere del rapporto, mentre la terza presenta soprattutto le proposte, anche molto concrete, che sembrano in grado di poter correggere, più o meno profondamente, il declino demografico in atto in Italia ormai da alcuni decenni. Questo è, in effetti, l’intento principale del nostro Rapporto-proposta: un intento non nascosto ma apertamente dichiarato, le cui ragioni si possono agevolmente sintetizzare. In primo luogo sono certamente in atto da tempo in Italia una forte scarsità delle nascite, ben al di sotto del ricambio generazionale, e un notevole incremento della durata media della vita, fatto di per sé altamente positivo che confluisce però con la diminuzione delle nascite nel causare l’invecchiamento della popolazione. Il veloce incremento del numero degli immigrati e la connessa crescita dei ricongiungimenti familiari contribuiscono senza dubbio ad alleggerire queste difficoltà ma, al di là dei problemi di sostenibilità che comportano, non sembrano in grado di rappresentare una vera soluzione.
         Le proposte che vengono avanzate sono pertanto rivolte soprattutto a ritrovare, per quanto possibile, un effettivo equilibrio demografico. Non ci si nasconde la grandissima difficoltà e i possibili rischi di un simile compito, ma non lo si ritiene a priori irrealizzabile. Il confronto con altre nazioni non troppo dissimili da noi, come in particolare la Francia, che si sono mostrate in grado di affrontarlo, aiuta a non cedere alla rassegnazione, sebbene il Rapporto-proposta non trascuri di mettere in luce le profonde differenze tra le due situazioni italiana e francese e tra le loro cause, anche remote nel tempo. Più importante delle difficoltà rimane in ogni caso la certezza che, se non si pone rimedio al declino demografico, l’Italia, già nel medio periodo, non potrà far fronte utilmente ad alcuna delle altre impegnative sfide che stanno davanti a lei.
         Il Rapporto-proposta individua due ordini di fattori capaci di influire sull’andamento delle nascite. Il primo è costituito dagli interventi pubblici, cioè da una serie organica di provvedimenti di lungo periodo rivolti non a premere sulle coppie perché mettano al mondo dei figli che non desiderano, bensì semplicemente ad eliminare le difficoltà sociali ed economiche che ostacolano la realizzazione dell’obiettivo di avere i figli che essi vorrebbero. Giustificare una politica di questo genere è abbastanza facile: i figli, o le nuove generazioni, sono una necessità essenziale per il corpo sociale e quindi rappresentano un bene pubblico, e non soltanto un bene privato dei loro genitori.
         Il secondo ordine di fattori si colloca a un livello più profondo, quello delle mentalità, degli insiemi di rappresentazioni e sentimenti, in altre parole dei vissuti personali e familiari e della cultura sociale, che influiscono potentemente sui comportamenti demografici. Tra questi due ordini di fattori, il secondo appare quello maggiormente decisivo per le scelte concrete delle coppie, ma il primo è anch’esso necessario, perché senza di esso il desiderio di procreare spesso non si traduce in comportamenti conseguenti. I due ordini di fattori sono quindi interdipendenti e non vanno separati l’uno dall’altro.
         L’Italia quanto al primo ordine di fattori è certamente in grave ritardo, un ritardo da riparare iniziando subito e mettendo in campo un impegno adeguato alla posta in gioco e molto prolungato nel tempo. Riguardo al secondo ordine di fattori l’Italia ha invece due vantaggi potenziali, che finora non hanno potuto produrre i loro effetti soprattutto per la carenza – e talvolta perfino la contrarietà – degli interventi pubblici. Mi riferisco alla perdurante solidarietà interna e rilevanza sociale delle famiglie italiane, rispetto alle situazioni prevalenti negli altri paesi europei, e al desiderio di figli, che in Italia rimane alto. Perciò, se vogliamo superare progressivamente la crisi della natalità e ridare al paese una non effimera prospettiva di crescita, dobbiamo guardare in maniera positiva a queste specificità dell’Italia, reagendo alla tendenza ad un’omologazione acritica a situazioni diverse dalla nostra.
         Il Rapporto-proposta sull’educazione proponeva “una sorta di alleanza per l’educazione”: a maggior ragione abbiamo bisogno di un’alleanza, o di una grande sinergia, per affrontare la nostra crisi demografica. Per essere efficace, questa sinergia deve rendere consapevoli e coinvolgere ciascuna delle componenti della nostra società, arrivando fino alle persone e alle famiglie. Solo così sarà possibile far entrare, finalmente e sul serio, la questione demografica nell’agenda politica. Non va dimenticata infatti la regola già formulata da John Stuart Mill, per la quale i politici si trovano nella necessità di tener conto degli interessi e dei desideri dei loro elettori: tendono quindi a privilegiare ciò che può produrre risultati immediati, cosa che non si verifica nei fenomeni demografici. Lo scopo di questo Rapporto-proposta, al quale hanno lavorato alcuni dei maggiori demografi italiani di varie matrici culturali insieme a studiosi di altre discipline, è proprio far entrare nell’intero corpo sociale la consapevolezza della sfida demografica con cui l’Italia deve inevitabilmente misurarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ultimo aggiornamento 15/10/2015