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 Progetto Culturale - Punto di vista - Di quale uomo parliamo? 

n° 164 - 29 gennaio 2015

Di quale uomo parliamo?

 

Per capire la questione     

Il quinto Convegno Ecclesiale Nazionale è ormai alle porte: avrà luogo a Firenze dal 9 al 13 novembre p.v., e in quella sede la Chiesa italiana affronterà la grande questione che abbiamo così formulato: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.
Il titolo forse potrebbe apparire un po’ astratto, ma in realtà proprio la sfida antropologica è risuonata dai cinque continenti nell’ultimo Sinodo: in qualunque società e cultura lo tsunami occidentale vuole sfondare le porte di popoli e nazioni. Come ho ricordato, il Santo Padre non ha esitato a parlare di “colonizzazione ideologica” dalla quale guardarsi e alla quale opporsi (cfr Papa Francesco, Conferenza stampa in volo dalle Filippine, 19.1.2015). Al Parlamento europeo ricordava che, in origine, al centro del progetto di unificazione “vi era la fiducia nell’uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell’uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente” (Papa Francesco, Discorso al Parlamento Europeo, 25.11.2014).
Di quale uomo si sta oggi parlando? Quello semplicemente economico o quello segnato da dignità e trascendenza? È soggetto oppure oggetto che viene verbalmente enfatizzato, ma che di fatto viene usato?  Dov’è finito quel grande disegno di cui sentiamo la bellezza e la necessità, ma di cui i popoli avvertono il peso? E ancora, qual è lo scopo della colonizzazione in atto? Forse capovolgere l’alfabeto dell’umano e ridefinire le basi della persona e della società? La persona, anziché in relazione con gli altri, è allora concepita come individuo sciolto da legami etici e sociali, perché l’unica cosa che conta diventa la libertà individuale assoluta. Si dice famiglia, ma si pensa a qualunque nucleo affettivo a prescindere dal matrimonio – che ne riconosce in modo impegnativo la pubblica valenza – e dai due generi. Si parla dei figli come se fossero un diritto degli adulti e un oggetto da produrre in laboratorio, anziché un dono da accogliere. In Europa si vuole far dichiarare l’aborto come un diritto fondamentale così da impedire l’obiezione di coscienza, e si spinge perché sia riconosciuto il cosiddetto aborto “post partum”! Si afferma la qualità della vita, ma la si concepisce come efficienza e produzione, anziché come rete di relazioni di giustizia e di solidarietà. Si discute sulla malattia e sulla morte come qualcosa che deve essere a nostra disposizione, e non invece nella prospettiva per cui la salute di ogni cittadino interessa il bene comune.
Insomma, si ricerca la garanzia dei diritti individuali, ma si dimentica la serie dei corrispettivi doveri sociali, senza dei quali una realtà comunitaria non sta in piedi. Per questo, se la famiglia è il baricentro esistenziale da preservare, l’impegno nella vita sociale è aspetto irrinunciabile della presenza dei cattolici nel nostro Paese. Il Convegno di Firenze sarà – dentro ad una visione fondativa – un laboratorio di riflessione, di esperienze, di racconto tra comunità, di messa in comune di prospettive, speranze, impegni.
Card. Angelo Bagnasco
 

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